Descrizione

Scene di violenza coniugale di Gérard Watkins è un testo duro, gelido, senza sbavature, che mette sotto la lente di ingrandimento i processi mentali e comportamentali di vittima e carnefice, qui due coppie appartenenti a mondi e ceti differenti.
Ciò che accade sotto i nostri occhi è la costruzione metaforica di una gabbia all’interno della quale sia i carnefici sia le vittime finiscono per rimanere chiusi, distrutti dalla violenza esercitata e subita.

La scelta di un appartamento vero e proprio come scena si fonda sulla necessità di offrire un’esperienza immersiva al pubblico e agli artisti liquefacendo il confine tra finzione e realtà e manifestando dichiaratamente quanto la tematica di Scene di violenza coniugale appartenga alla vita reale; uno spaccato di quotidianità dove i personaggi, totalmente credibili, e la ricerca minuziosa del contesto in cui questi si muovono, fornisce l’opportunità di confrontarsi con un testo che affonda le sue radici nella vita che si stratifica nelle nostre città dove convergono, accanto al tema principale, istanze sociali, economiche e razziali sempre più violente.

Liam fugge da un’adolescenza difficile nella provincia per stabilirsi a Parigi e incontra Rachida, che cerca di sfuggire al clima soffocante della sua famiglia.
Annie sta cercando lavoro nella regione di Parigi, sperando di poter così riavere con sé i figli che vivono coi nonni e incontra Pascal, un fotografo tormentato. Le due coppie si sistemeranno in un appartamento arredato.
A partire da questo momento la violenza ormai infiltratasi nelle due relazioni deflagherà in tutta la sua drammatica potenza.

In Scene la regia si spoglia di ogni artificio teatrale rifiutando gli appoggi tecnici per far emergere dalle parole di Watkins la centralità degli attori in scena e il ruolo testimoniale degli spettatori.

Ciò che colpisce in Scene di violenza coniugale è la tensione della scrittura che innerva i protagonisti: la capacità di Watkins di non debordare mai, non indulgendo in effetti pietistici ma, al contrario, costruendo una struttura millimetrica e, pur nella carne viva della questione, totalmente algida: un occhio da entomologo che osserva e riporta con il rigore dello scienziato i percorsi mentali dei quattro protagonisti, narrando, infine, le origini di ciascuno, elemento che in qualche modo spiega gli atteggiamenti senza però che ciò divenga un’assoluzione: la vittima è vittima, l’aguzzino è aguzzino, ognuno è responsabile della propria disumanità, dei propri atti violenti e della propria acquiescenza.

Lo spettacolo si inscrive nel percorso da sempre seguito dal Teatro di Dioniso ovvero la frequentazione della drammaturgia contemporanea come occasione di confronto e campo di ricerca, in particolare quando è in grado di coordinare argomenti di prepotente attualità con un linguaggio e un impianto testuale significante.

Info tecniche

di Gérard Watkins
traduzione Monica Capuani

con Roberto Corradino, Clio Cipolletta, Aron Tewelde, Annamaria Troisi

regia Elena Serra
luci e scena Jacopo Valsania
progetto sonoro Alessio Foglia

Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Teatro di Dioniso
PAV con il supporto della fondazione nuovi mecenati – Fondazione franco-italiana di sostegno alla creazione contemporanea nell’ambito di fabulamundi  Playwriting Europe – Beyond Borders?